Leggere e scrivere

Una stanza senza libri è come un corpo senz'anima.
Cicerone


La vita o la si vive o la si scrive.
Luigi Pirandello

venerdì 30 luglio 2010

Uno strano incontro




Il mare era particolarmente agitato. Onde spumose si scagliavano rabbiosamente contro gli scogli schizzando fitte bianche nubi vaporose formate di tante goccioline trasparenti.
Il vento sferzava il promontorio piegando i giovani pini marittimi e alzando folate di sabbia.
I gabbiani si lasciavano trasportare come piume senza battito d’ali verso il faro che indomito svettava maestoso schiaffeggiato con intensità dai marosi.
Stavo rientrando in porto visto il cambiamento del tempo e gli enormi cirri che coprivano il sole da alcuni minuti. Erano scuri e gonfi.
Avrei dovuto ascoltare Cesare, il mio vecchio amico marinaio, che mi aveva anticipato l’arrivo della perturbazione. Cocciuto com’ero avevo deciso di imbarcarmi comunque e prendere il mare sul mio piccolo peschereccio. L’intenzione non era di pescare ma di trascorrere alcune ore nell’unico luogo dove mi sentivo a casa, solo e libero.
La virata per evitare la collisione agli scogli fu alquanto difficile. Parevano enormi, scuri e minacciosi.
Ad un tratto qualcosa laggiù catturò la mia attenzione; con la poca luce riuscii a distinguere una sagoma indefinita, immobile, sul grosso scoglio che spuntava dall’acqua.
Avvicinarmi non fu facile e divenne un’impresa. Raffiche di vento e spruzzi densi d’onde aggredivano lo scafo inclinando paurosamente l’imbarcazione sbatacchiata come un fuscello a destra e a sinistra.
Avevo paura, una paura nuova, mai conosciuta. Se fossi annegato?
Mi rimproverai per l’ennesima volta la mia testardaggine ma mi chiamavo Ulisse di nome e di fatto.
L’approdo al molo non era distante ma in quel momento, con i flutti così impetuosi, mi parve lontanissimo.
Riacquistai coraggio e forza e puntai dritto allo scoglio. C’era qualcosa o forse qualcuno che aveva bisogno di aiuto.
I miei occhi videro l’inimmaginabile.
Di spalle, dalle sinuose e aggraziate forme, giaceva una splendida creatura marina. Lunghi capelli scuri ricadevano morbidi e vaporosi sulla schiena, mossi dal vento. Il corpo argenteo e perlaceo acquistò luminosità e bagliore quando il sole per alcuni secondi lo colpì.
La collera del mare che ruggiva e il vento che sibilava coprì il rumore del motore del peschereccio.
Avvertì la mia presenza quando mi avvicinai di lato mantenendo comunque la giusta distanza per evitare la collisione contro lo scoglio. Azzardare era rischioso.
Si girò e i suoi occhi incontrarono i miei; non si mosse. Mi aspettavo il terrore e poi la fuga, ma non fu così.
Il suo viso chiaro pareva di fine porcellana. Definirla bellissima era dir poco. Trovai quella creatura fantastica raggiante come il sole e angelica come una stella nella notte.
Piegò leggermente le labbra ben disegnate abbozzando un sorriso.
D’impulso le chiesi:
“ Ha bisogno d’aiuto? “ dando per scontato che parlasse e capisse la mia lingua.
Continuò a guardarmi, immobile e statica, adagiata sulla sua lunga coda che sfiorava le onde.
Il piccolo seno era leggermente coperto dalle ciocche di capelli che come fili d’ebano risaltavano sul candore diafano della sua pelle.
Con sorpresa emise un suono delicato simile a note intonate di un flauto che diveniva sempre più fievole per poi scomparire del tutto.
Cosa potevo fare? Mi sentivo impotente di fronte a quello strano incontro.
Incuriosito e affascinato manovrai il peschereccio diminuendo la distanza e questo mi permise di notare chiaramente che la lunga coda si muoveva nervosamente, sbattendo con foga; scompariva immersa nel mare più della metà.
Avvertii che qualcosa non andava, era palese dai continui colpi violenti che riversava sull’acqua.
I suoi occhi, forse colpiti dagli spruzzi delle onde, s’inumidirono o forse erano semplici lacrime che scese su quel viso lo resero ancora più bello.
Inaspettatamente… un lamento. Rabbrividii.
D’istinto le tesi la mano. In quel momento come scossa da un torpore mi parve muovere la testa in segno di diniego e tramutare la sua dolce espressione in terrore e paura.
Scivolò nell’acqua fra i marosi e con un forte colpo di coda, s’immerse.
Dispiaciuto non riuscii a trattenere un urlo:
“ Noo… non andare…! “
Quando quella splendida creatura sbattè per l’ultima volta l’estremità del suo corpo, capii. L’argento lucido e setoso era aggrovigliato in una grossa matassa di reti e plastica.
Riemerse. Girò intorno alla mia imbarcazione nuotando sgraziata.
Provai rabbia e dolore.
Ne seguii i movimenti rendendomi effettivamente conto quanto fosse difficile la sua sopravvivenza nel mare.
Il suo sguardo cercò il mio. Abbassò le palpebre ed emettendo un debole suono melodioso s’inabissò scomparendo inghiottita in quel blu, lasciando nel mio cuore dolce poesia e profonda tristezza.


nereidebruna

1 commento:

  1. Cara Stefy, questo racconto é semplicemente meraviglioso!! complimenti, sei veramente brava!! Un abbraccio cara amica: :)

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La vita

“Possa io fare della mia vita qualcosa di semplice e diritto,
come un flauto di canna che il Signore riempie di musica.”

San Agostino
E gli uomini se ne vanno a contemplare le vette delle montagne, i flutti vasti del mare, le ampie correnti dei fiumi, l'immensità dell'oceano, il corso degli astri, e non pensano a sé stessi.

Sal.26

Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita:
di chi avrò paura?

Sal.138
Guidami, Signore, per una via di eternità.

Signore, tu mi scruti e mi conosci,
tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo,
intendi da lontano i miei pensieri,
osservi il mio cammino e il mio riposo,
ti sono note tutte le mie vie.