Una nebbiolina leggera e impalpabile sfumava i contorni del castello merlato situato su un’alta radura schiaffeggiata da spumeggianti marosi e violenti venti.
Re
Artù era turbato. Guardava la sua amata Ginevra provando un sentimento ancora
sconosciuto ma che si faceva sempre più reale e intenso, sconvolgendo la sua
serenità d’animo e la sua compostezza. L’abito che indossava quella mattina la
rendeva ancor più splendida e radiosa. Incontrò il suo sguardo e le sorrise.
-
Mia cara, siete deliziosa! -
-
Hai vostri occhi sono sempre incantevole… -
-
Come potrò separarmi da voi, Ginevra? La vostra presenza costante mi conforta.
-
-
Non angustiatevi oltre… Andiamo, attendono la nostra presenza, in sala –
e si avviarono in silenzio lungo il corridoio illuminato dalle torce accese. Le
fiamme si muovevano sinuose mosse da spifferi d’aria fredda che entravano dalle
finestre. Scesero la scalinata.
Il
fruscio dello strascico della veste che sfiorava il pavimento accompagnò i loro
passi che risuonavano cadenzati negli ambienti vasti e spogli del castello.
Attorno
ad una grande tavola rotonda alcuni cavalieri stavano discutendo animatamente.
Si zittirono quando entrarono i due regnanti.
-
Miei prodi, inutile sprecar parole vane. E’ arrivato il momento di batterci…
-
-
Siamo pronti, re Artù e non temiamo lo spettro della morte! – Con voce decisa,
Lancillotto del Lago, il più ardito e valoroso combattente, impugnò la spada e
la alzò verso il cielo, in segno di sfida. La lama argentea s’illuminò colpita
da un raggio di luce entrato da una piccola apertura del soffitto a cupola.
Il
sovrano abbassò il capo evitando lo sguardo del giovane guerriero.
-
Siete a conoscenza che Modred, mio nipote, che tanto amai un tempo, sta
tramando per usurpare il mio trono e diventarne sovrano assoluto. Dobbiamo
raggiungere la pianura di Salisbury e lì, combattere senza tregua.-
-
Permettetemi… con i centomila uomini del nostro esercito, quel traditore non
avrà la meglio. Io stesso lo ucciderò! – aggiunse Lancillotto.
-
E’ certo che gli daremo filo da torcere e le nostre spade si sporcheranno del
loro sangue – e cercò lo sguardo della moglie; ma la sua amata fissava
sfrontatamente Lancillotto.
Il sovrano si schiarì la gola…
-
Partiremo domani all’alba – dichiarò con tono deciso. I membri della
Tavola Rotonda sciolsero l’incontro; s’inchinarono devotamente ai due regnanti
e poi lasciarono la sala.
Un
pesante silenzio calò nel grande stanzone. Ginevra si avviò verso l’uscita.
-
Aspettate, mia adorata… desidero condividere con voi questo triste momento. Vi
lascerò sola e non so se farò più ritorno in vita, ma sappiate che vi amo
immensamente e che il mio cuore vi apparterrà sempre. -
-
Non dite così… tornerete vittorioso, ne sono certa. Non abbiate timore! –
e raggiunta la porta, uscì sparendo inghiottita dalla penombra.
Quando
calò la notte e una spessa coltre scura coprì ogni forma… un fruscio… un’ombra
sgattaiolò veloce e scese la scalinata raggiungendo l’arco che immetteva
nell’ampia corte.
E
due ombre si unirono diventando una sola forma.
-
Mia amata… -
-
Vi aspetterò, cavaliere… nessuna lacrima e neppure sconforto, so che vi
riabbraccerò di nuovo. -
-
Lontano da voi sarà un lento morire. Un’agonia che consumerà la mia anima,
diletta Ginevra. Ve lo prometto… tornerò. E ancora vi amerò! –
-
Oh… mio Lancillotto – e si fusero in un lungo abbraccio.
Poco
più il là, qualcuno nascosto dietro a un muro, osservava la scena in silenzio.
Strinse i pugni, riprese respiro, soffocò la rabbia e dileguandosi, scomparve.
L’alba.
L’esercito
era pronto e schierato.
Re
Artù si avvicinò con passo pesante a Ginevra. Lasciò le briglie del suo bianco
cavallo e prese le sue mani; le strinse forte e guardandola negli occhi di un
intenso azzurro mare, sussurrò:
-
Addio, mia amata regina… – e non aggiunse altro. Salì in groppa al destriero e
si avviò verso la valle seguito dai suoi uomini.
La
battaglia fu dura e cruenta.
Per
un attimo, pareva che entrambi i re avessero raggiunto un accordo per far
cessare definitivamente la rappresaglia, ma la mal fiducia rispettiva uno
dell’altro e un gesto immediato e impulsivo di un cavaliere di Modred che
fulmineo estrasse la spada per uccidere una serpe uscita dai rovi, scatenò il
finimondo.
La
guerriglia riprese più violenta che mai.
Cadono
al suolo, fra urla strazianti colpiti a morte, i cavalieri della Tavola
Rotonda. Lancillotto si battè come una furia, ma una distrazione gli fu fatale
e una lama gli perfora il cuore. Il suo ultimo pensiero fu per Ginevra. Re Artù
lo vide cadere… e senza esitazione alcuna, colpisce Modred con una lancia,
uccidendolo. Ferito a morte, il grande re si accascia privo di vita. Le ultime
parole, che riuscì a dire furono: “Mia amata Ginevra.”
Dal
suo castello, Ginevra guardava verso la valle immersa nella nebbia mattutina.
Il mare adirato urlava rabbioso sbattendo poderosi flutti sulla scogliera.
Stava
nascendo un altro giorno, un’altra alba.
Uno
strano presentimento… un senso di inquietudine l’invase.
E
fu di nuovo buio. Rabbrividì e attese.
nereidebruna
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