Leggere e scrivere
Una stanza senza libri è come un corpo senz'anima.
Cicerone
La vita o la si vive o la si scrive.
Luigi Pirandello
Cicerone
La vita o la si vive o la si scrive.
Luigi Pirandello
giovedì 30 settembre 2010
mercoledì 29 settembre 2010
Il corallo rosso
Il corallo rosso (Corallium rubrum Linnaeus, 1758) è un octocorallo della famiglia delle Coralliidae.
Il corallo rosso è l'unica specie del genere Corallium che vive nel Mediterraneo, dalla Grecia e dalla Tunisia fino allo Stretto di Gibilterra, Corsica, Sardegna, Sicilia e Baleari incluse, ma è diffuso anche nell’Atlantico orientale in Portogallo, Canarie, Marocco e Isole di Capo Verde, di solito fino a 200 metri di profondità in luoghi poco illuminati con scarsa vegetazione.
In genere, popola tutti i mari del globo con il limite estremo costituito dal largo dei circoli polari. L'aspetto e la colorazione del corallo varia in relazione al luogo ed alle profondità in cui si trova.
Ha bisogno di condizioni di vita particolari: salinità dell'acqua costante (che deve essere compresa tra il 28% ed il 40‰, in relazione al luogo ed al tipo di corallo), ridotto movimento dell’acqua e illuminazione attenuata. Il tasso di sedimenti in sospensione nell'acqua, se troppo elevato, ne limita la sopravvivenza.
Vive pertanto preferibilmente in luoghi ombrosi e riparati (grotte semioscure, strapiombi, fenditure delle rocce), a partire dalla profondità di 20/30 metri fino a 200 metri. Eccezionalmente si può osservare a basse profondità (4 m), ed anche in notevoli quantità, nelle grotte delle zone di Porto Conte, Capo Caccia e Punta Giglio nel nord/ovest della Sardegna, nel territorio di Alghero. In Liguria, nella Riserva marina di Portofino, la presenza del corallo rosso è continua su tutto il versante meridionale tra i 15 e i 45 metri di profondità, con anche 200 colonie per metro quadrato; in genere si pensa che la caratteristica peculiare di questo corallo sia la lentezza di crescita (un centimetro ogni circa 15 anni contro i 3-4 centimetri di altre zone) e la non sfruttabilità commerciale per via della sottigliezza.
Forma colonie ramificate, che possono superare i 20-30 cm di altezza, di colore generalmente rosso brillante, ma a volte rosa, bianco, marrone ed anche in nero[8].
I polipi sono bianchi e trasparenti, lunghi solo pochi millimetri, con otto tentacoli bordati di appendici pinnate, visibili quando questi sono estroflessi per la cattura del cibo.
Lo scheletro calcareo, durissimo e ricercato come materiale per la costruzione di gioielli, è ricoperto da uno strato di tessuto molle chiamato cenosarco, che viene rimosso per la lavorazione e lucidatura per la realizzazione di monili e sculture artistiche.
Si riproduce, per via sia asessuata che sessuata, rilasciando larve che, dopo una fase di embrione della durata di circa un mese, si fissano al substrato[9].
Ha una crescita di circa 3-4 cm l’anno in altezza e di 0,50-0,80 mm l'anno in diametro e questo lo rende particolarmente vulnerabile all’azione di raccolta dell’uomo, un tempo operata con metodi distruttivi; oggi in Italia si ha una pesca di tipo selettivo, effettuata in acqua direttamente da sub, che permette, se effettuata con criterio, di massimizzare la resa della pesca con la scelta solo dei rami più grandi permettendo nel contempo la salvaguardia della specie.
Si nutre di plancton e di sostanze organiche sospese, catturate dai tentacoli dei polipi.
Questi sono ricoperte di migliaia di cellule ectodermiche, tipiche dei Celenterati e dette cnidoblasti, contenenti una sostanza urticante che paralizza le prede.
Il corallo rosso viene pescato e commercializzato principalmente per la creazione di gioielli ed opere d'arte. Prevalentemente viene montato su oro e argento o forato per ottenere collane e bracciali.
La lavorazione si suddivide in varie fasi a partire dalla eliminazione del rivestimento, il cenosarco, dalla pulizia, dal taglio e/o intaglio, dalla lavorazione ed infine dalla lucidatura.
La pesca del corallo rosso viene attualmente fatta solo esclusivamente da corallari subacquei, con licenza specifica rinnovata ogni anno dalla Regione di pertinenza, generalmente operano in zone di alto fondale da ca 80 mt a ca 130 metri di profondità. È stata ed è particolarmente praticata in Italia, Francia, Spagna, Grecia e Tunisia, ma anche in maniera più ridotta in Algeria e Croazia. Si stima che negli anni passati, nell'intero Mediterraneo, fossero pescate 60 tonnellate di corallo ogni anno, attualmente tale quantita è fortemente ridotta grazie al cambio delle politiche di protezione e gestione della flora e della fauna marina operata dai governi che hanno vietato le tecniche di prelievo massive.
I luoghi in Italia dove si pesca il miglior corallo sono: Torre del Greco e Alghero.
Il corallo rosso è l'unica specie del genere Corallium che vive nel Mediterraneo, dalla Grecia e dalla Tunisia fino allo Stretto di Gibilterra, Corsica, Sardegna, Sicilia e Baleari incluse, ma è diffuso anche nell’Atlantico orientale in Portogallo, Canarie, Marocco e Isole di Capo Verde, di solito fino a 200 metri di profondità in luoghi poco illuminati con scarsa vegetazione.
In genere, popola tutti i mari del globo con il limite estremo costituito dal largo dei circoli polari. L'aspetto e la colorazione del corallo varia in relazione al luogo ed alle profondità in cui si trova.
Ha bisogno di condizioni di vita particolari: salinità dell'acqua costante (che deve essere compresa tra il 28% ed il 40‰, in relazione al luogo ed al tipo di corallo), ridotto movimento dell’acqua e illuminazione attenuata. Il tasso di sedimenti in sospensione nell'acqua, se troppo elevato, ne limita la sopravvivenza.
Vive pertanto preferibilmente in luoghi ombrosi e riparati (grotte semioscure, strapiombi, fenditure delle rocce), a partire dalla profondità di 20/30 metri fino a 200 metri. Eccezionalmente si può osservare a basse profondità (4 m), ed anche in notevoli quantità, nelle grotte delle zone di Porto Conte, Capo Caccia e Punta Giglio nel nord/ovest della Sardegna, nel territorio di Alghero. In Liguria, nella Riserva marina di Portofino, la presenza del corallo rosso è continua su tutto il versante meridionale tra i 15 e i 45 metri di profondità, con anche 200 colonie per metro quadrato; in genere si pensa che la caratteristica peculiare di questo corallo sia la lentezza di crescita (un centimetro ogni circa 15 anni contro i 3-4 centimetri di altre zone) e la non sfruttabilità commerciale per via della sottigliezza.
Forma colonie ramificate, che possono superare i 20-30 cm di altezza, di colore generalmente rosso brillante, ma a volte rosa, bianco, marrone ed anche in nero[8].
I polipi sono bianchi e trasparenti, lunghi solo pochi millimetri, con otto tentacoli bordati di appendici pinnate, visibili quando questi sono estroflessi per la cattura del cibo.
Lo scheletro calcareo, durissimo e ricercato come materiale per la costruzione di gioielli, è ricoperto da uno strato di tessuto molle chiamato cenosarco, che viene rimosso per la lavorazione e lucidatura per la realizzazione di monili e sculture artistiche.
Si riproduce, per via sia asessuata che sessuata, rilasciando larve che, dopo una fase di embrione della durata di circa un mese, si fissano al substrato[9].
Ha una crescita di circa 3-4 cm l’anno in altezza e di 0,50-0,80 mm l'anno in diametro e questo lo rende particolarmente vulnerabile all’azione di raccolta dell’uomo, un tempo operata con metodi distruttivi; oggi in Italia si ha una pesca di tipo selettivo, effettuata in acqua direttamente da sub, che permette, se effettuata con criterio, di massimizzare la resa della pesca con la scelta solo dei rami più grandi permettendo nel contempo la salvaguardia della specie.
Si nutre di plancton e di sostanze organiche sospese, catturate dai tentacoli dei polipi.
Questi sono ricoperte di migliaia di cellule ectodermiche, tipiche dei Celenterati e dette cnidoblasti, contenenti una sostanza urticante che paralizza le prede.
Il corallo rosso viene pescato e commercializzato principalmente per la creazione di gioielli ed opere d'arte. Prevalentemente viene montato su oro e argento o forato per ottenere collane e bracciali.
La lavorazione si suddivide in varie fasi a partire dalla eliminazione del rivestimento, il cenosarco, dalla pulizia, dal taglio e/o intaglio, dalla lavorazione ed infine dalla lucidatura.
La pesca del corallo rosso viene attualmente fatta solo esclusivamente da corallari subacquei, con licenza specifica rinnovata ogni anno dalla Regione di pertinenza, generalmente operano in zone di alto fondale da ca 80 mt a ca 130 metri di profondità. È stata ed è particolarmente praticata in Italia, Francia, Spagna, Grecia e Tunisia, ma anche in maniera più ridotta in Algeria e Croazia. Si stima che negli anni passati, nell'intero Mediterraneo, fossero pescate 60 tonnellate di corallo ogni anno, attualmente tale quantita è fortemente ridotta grazie al cambio delle politiche di protezione e gestione della flora e della fauna marina operata dai governi che hanno vietato le tecniche di prelievo massive.
I luoghi in Italia dove si pesca il miglior corallo sono: Torre del Greco e Alghero.
martedì 28 settembre 2010
Ho dipinto il mare
degli infiniti blu,
ho dipinto il mare.
Nel bianco del foglio,
sfumando d'argento
e di azzurrole onde si sono increspate
e bollicine spumose
brillano iridiscentisotto un sole tondo,
come diamanti.
Una piccola vela
spinta da sbuffi di vento
balla e dondola.
Un gabbiano
va, librando sinuoso
oltre la fine del foglio.
La sabbia della battigia,
morbida e vellutata come seta,
pare oro prezioso.
Ho terminato i colori
e il mare,
nella sua immensa vastità
senza spazio e confini,
è rimasto inconcluso.
nereidebruna
domenica 26 settembre 2010
Il "sommergibile naturale"- Il Nautilus -
In natura esistono animali capaci di immergersi con un movimento simile a quello del sommergibile poichè sono dotati di una conchiglia che funziona da organo idrostatico.Si tratta dei Cefalopodi, i più evoluti tra i Molluschi, a cui appartengono animali privi di conchiglia come ad esempio il polpo e animali dotati di suggestive conchiglie esterne come il Nautilus e le Ammoniti.
Il Nautilus, considerato ormai un “ fossile vivente ”, la cui distribuzione è limitata al Pacifico sud-occidentale, presenta una conchiglia esterna liscia e bianca con caratteristici disegni a bande rossastre.
Internamente la sua conchiglia ha la forma di spirale piatta ed è divisa grazie a numerosi setti (circa 30) in camere stagne che crescono insieme all'animale ospitato abitualmente nell'ultima camera, detta principale, aperta verso l'esterno e da cui si estendono i tentacoli per catturare le prede.
Tutte le camere sono collegate tra di loro da un sottile tubicino detto sifone che permette di riempirle o svuotarle dall'acqua a seconda che, come gli attuali sottomarini, l'animale voglia andare a fondo o risalire verso la superficie. Grazie a questo stratagemma l'animale può vivere “galleggiando“ a profondità comprese tra i 50 e i 650 metri facendosi facilmente trasportare dalla corrente per raggiungere nuove aree di predazione.
L'animale possiede inoltre un caratteristico organo propulsore, una sorta di breve tubo muscoloso a forma di imbuto (presente anche in altri Cefalopodi come la seppia) che permette con forza di espellere l'acqua consentendo spostamenti orizzontali all'animale.
Caratteristiche simili al Nautilus erano presenti nelle Ammoniti, forme fossili di Molluschi Cefalopodi vissute nei mari tra 415 e 65 milioni di anni fa, dopo di che scomparvero nella stessa grande estinzione che colpì nelle terre emerse i dinosauri.
La loro conchiglia raggiunse dimensioni molto variabili, da pochi centimetri ad alcuni metri.
Una splendida creazione, quindi, che abita l'iimensità marina.
Il Nautilus, considerato ormai un “ fossile vivente ”, la cui distribuzione è limitata al Pacifico sud-occidentale, presenta una conchiglia esterna liscia e bianca con caratteristici disegni a bande rossastre.
Internamente la sua conchiglia ha la forma di spirale piatta ed è divisa grazie a numerosi setti (circa 30) in camere stagne che crescono insieme all'animale ospitato abitualmente nell'ultima camera, detta principale, aperta verso l'esterno e da cui si estendono i tentacoli per catturare le prede.
Tutte le camere sono collegate tra di loro da un sottile tubicino detto sifone che permette di riempirle o svuotarle dall'acqua a seconda che, come gli attuali sottomarini, l'animale voglia andare a fondo o risalire verso la superficie. Grazie a questo stratagemma l'animale può vivere “galleggiando“ a profondità comprese tra i 50 e i 650 metri facendosi facilmente trasportare dalla corrente per raggiungere nuove aree di predazione.
L'animale possiede inoltre un caratteristico organo propulsore, una sorta di breve tubo muscoloso a forma di imbuto (presente anche in altri Cefalopodi come la seppia) che permette con forza di espellere l'acqua consentendo spostamenti orizzontali all'animale.
Caratteristiche simili al Nautilus erano presenti nelle Ammoniti, forme fossili di Molluschi Cefalopodi vissute nei mari tra 415 e 65 milioni di anni fa, dopo di che scomparvero nella stessa grande estinzione che colpì nelle terre emerse i dinosauri.
La loro conchiglia raggiunse dimensioni molto variabili, da pochi centimetri ad alcuni metri.
Una splendida creazione, quindi, che abita l'iimensità marina.
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sabato 25 settembre 2010
venerdì 24 settembre 2010
Anche questo è... Mare - Le meduse
Le meduse sono animali planctonici, in prevalenza marini, appartenenti al phylum degli Cnidari, che assieme agli Ctenofori formavano una volta quelli che erano i Celenterati.
La forma generica di una medusa è quella di un polipo rovesciato. Può essere immaginata come un sacco leggermente appiattito, dove si riconoscono una zona superiore convessa, l'esombrella, ed una regione inferiore concava, detta subombrella, al cui centro è posta la bocca che si collega alla cavità gastrovascolare mediante una struttura tubulare chiamata manubrium. Dal margine subombrellare si propagano dei tentacoli urticanti a scopo di difesa e di predazione.
Le meduse hanno il corpo composto principalmente da acqua (circa il 98%).
I loro tentacoli ospitano delle particolari cellule, gli cnidociti, che funzionano una volta sola, per cui devono essere rigenerate. Hanno funzioni difensive ma soprattutto offensive (per paralizzare la preda). Esse si attivano quando vengono toccate, grazie a un meccanorecettore detto cnidociglio, ed estroflettono dei filamenti urticanti detti cnidae. Le cnidae possono essere di diverso tipo: nematocisti o spirocisti, e sono collegate ad appositi organuli, cnidoblasti che contengono un liquido urticante. Le cnidae, in genere, inoculano una sostanza che uccide la preda per shock anafilattico. Il liquido urticante ha azione neurotossica o emolliente, la cui natura può variare a seconda della specie, ma di solito è costituita da una miscela di tre proteine a effetto sinergico: ipnossina, talassina e congestina. L'ipnossina ha effetto anestetico, quindi paralizzante; la talassina ha un comportamento allergenico che causa una risposta infiammatoria; la congestina paralizza l'apparato circolatorio e respiratorio.
Anche se non tutte le meduse sono urticanti, alcune, come le cubomeduse, sono particolarmente pericolose per l'uomo: in taluni casi possono causare anche la morte per shock anafilattico.
Rispettiamo questi esseri viventi...!!!
mercoledì 22 settembre 2010
Ulisse
Per mare tu andasti,
leggendario eroe,
sfidando onde impetuose
e ire divine.
Incontrasti
ammalianti creature
dai canti soavi
e fulgide fanciulle
ebbre d'amore.
Fu l'incantarice maga,
che nell'oblio ti portò.
In terre lontane,
celate di insidie e
di grandi misteri
più in là dell'orizzonte,
ti spinsero le vele.
Combattesti
oltre le forze,
uomini possenti
e spiriti malvagi
perdendo e vincendo
con coraggio e onore.
Ulisse
che per mare vai,
riposa ora
nell'onda natia
illuminata dal sole
e trova pace
e silenzio
nel suo immenso
infinito blu.
nereidebruna
leggendario eroe,
sfidando onde impetuose
e ire divine.
Incontrasti
ammalianti creature
dai canti soavi
e fulgide fanciulle
ebbre d'amore.
Fu l'incantarice maga,
che nell'oblio ti portò.
In terre lontane,
celate di insidie e
di grandi misteri
più in là dell'orizzonte,
ti spinsero le vele.
Combattesti
oltre le forze,
uomini possenti
e spiriti malvagi
perdendo e vincendo
con coraggio e onore.
Ulisse
che per mare vai,
riposa ora
nell'onda natia
illuminata dal sole
e trova pace
e silenzio
nel suo immenso
infinito blu.
nereidebruna
martedì 21 settembre 2010
La Mary celeste... Il brigantino fantasma - Un mistero irrisolto
La Mary Celeste era un brigantino canadese.
Fu varato in Nuova Scozia, nel 1860, con il nome di Amazon. Il nome Mary Celeste venne adottato nel 1869.
Fu trovata senza nessuno a bordo, alla deriva verso lo Stretto di Gibilterra nel 1872. Cosa sia successo all'equipaggio è ancora oggi argomento di speculazione: vi sono varie teorie, dalla pirateria al maremoto, dall'ammutinamento ad una tromba d'aria. La Mary Celeste può essere considerata l'archetipo della nave fantasma.
La Mary Celeste misurava 31 metri (103 piedi), l'intero brigantino stazzava 282 tonnellate. Fu costruita nel 1861, con il nome di "Amazon", nell'isola di Spencer, Nuova Scozia, il primo grande progetto portato a termine dalla piccola comunità lì presente.
Si è pensato che la nave fosse preda della sfortuna, poiché furono molte le disavventure. Il suo primo capitano morì all'inizio del suo viaggio inaugurale; inoltre si scontrò con un'altra nave nella Manica. Tuttavia, dopo questo esordio, il brigantino ha avuto molti anni di gloria per i suoi proprietari della Nuova Scozia, sino ad un brusca secca avvenuta durante una tempesta nella Baia di Glace, nel 1869, sempre in Nuova Scozia. È stata salvata e successivamente rivenduta ad una compagnia statunitense, che apportò notevoli cambiamenti, cambiando il nome in Mary Celeste, nel 1869.
Il 7 novembre 1872, sotto il comando del Capitano Benjamin Briggs, la nave imbarcò un carico di alcool industriale per conto della Meissner Ackermann & Coin e salpò da Staten Island, New York diretta a Genova, Italia. Oltre al capitano e ad un equipaggio di altri sette marinai, la nave aveva altri due passeggeri, la moglie del capitano, Sarah E. Briggs, e la sua figlioletta di appena due anni, Sophia Matilda.
Il 4 dicembre 1872 il brigantino fu avvistato da un'altra nave, la Dei Gratia. La Mary Celeste si trovava tra le coste portoghesi e le isole Azzorre, ed era alla deriva a vele spiegate verso lo stretto di Gibilterra. Non vi erano segni della presenza dell'equipaggio a bordo.
Un gruppo di marinai della Dei Gratia fu inviato a bordo. La Mary Celeste era deserta: l'equipaggio era scomparso. La nave era in discrete condizioni, anche se era completamente grondante d'acqua. Solo una delle pompe era in funzione, e nella stiva vi era fino ad un metro d'acqua. Alcune delle sue vele erano strappate.
La bussola era rotta, il sestante ed il cronometro marino mancavano e la sua unica scialuppa era mancante e sembrava essere stata intenzionalmente messa in mare piuttosto che strappata via da una tempesta, il che lasciava pensare che la nave fosse stata deliberatamente abbandonata.
Il carico di 1701 barili di alcol era intatto, anche se, una volta a Genova, si scoprì che nove barili erano vuoti. A bordo vi erano ancora scorte di acqua e di cibo per sei mesi. La maggior parte delle carte di bordo mancavano. Le ultime annotazioni rimaste riferivano che la nave era giunta in vista di Santa Maria delle Azzorre il 25 novembre.
Il brigantino fu condotto in porto a Gibilterra dagli uomini della Dei Gratia e successivamente sequestrato dai funzionari inglesi.
Nessuno degli uomini scomparsi dalla Mary Celeste fu mai ritrovato, né si seppe mai cosa accadde loro. Nel 1873 furono segnalate due scialuppe di salvataggio nell'entroterra spagnolo, una avente una bandiera americana a bordo, l'altra contenente cinque corpi. Tuttavia questi corpi non sono mai stati identificati.
Di seguito, una lista dell'equipaggio e dei passeggeri.
Equipaggio
Nome Status Nazionalità Età
Benjamin S. Briggs Capitano americano 37
Albert C. Richardson Aiutante americano 28
Andrew Gilling Secondo aiutante Danese 25
Edward W Head Amministratore e cuoco americano 23
Volkert Lorenson Marinaio tedesco 29
Arian Martens Marinaio tedesco 35
Boy Lorenson Marinaio tedesco 23
Gottlieb Gondeschall Marinaio tedesco 23
Passeggeri
Nome Status Età
Sarah Elizabeth Briggs Moglie del capitano 30
Sophia Matilda Briggs Figlia del capitano 2
Nella nave era anche presente una gatta, anch'essa sparita.
Fu varato in Nuova Scozia, nel 1860, con il nome di Amazon. Il nome Mary Celeste venne adottato nel 1869.
Fu trovata senza nessuno a bordo, alla deriva verso lo Stretto di Gibilterra nel 1872. Cosa sia successo all'equipaggio è ancora oggi argomento di speculazione: vi sono varie teorie, dalla pirateria al maremoto, dall'ammutinamento ad una tromba d'aria. La Mary Celeste può essere considerata l'archetipo della nave fantasma.
La Mary Celeste misurava 31 metri (103 piedi), l'intero brigantino stazzava 282 tonnellate. Fu costruita nel 1861, con il nome di "Amazon", nell'isola di Spencer, Nuova Scozia, il primo grande progetto portato a termine dalla piccola comunità lì presente.
Si è pensato che la nave fosse preda della sfortuna, poiché furono molte le disavventure. Il suo primo capitano morì all'inizio del suo viaggio inaugurale; inoltre si scontrò con un'altra nave nella Manica. Tuttavia, dopo questo esordio, il brigantino ha avuto molti anni di gloria per i suoi proprietari della Nuova Scozia, sino ad un brusca secca avvenuta durante una tempesta nella Baia di Glace, nel 1869, sempre in Nuova Scozia. È stata salvata e successivamente rivenduta ad una compagnia statunitense, che apportò notevoli cambiamenti, cambiando il nome in Mary Celeste, nel 1869.
Il 7 novembre 1872, sotto il comando del Capitano Benjamin Briggs, la nave imbarcò un carico di alcool industriale per conto della Meissner Ackermann & Coin e salpò da Staten Island, New York diretta a Genova, Italia. Oltre al capitano e ad un equipaggio di altri sette marinai, la nave aveva altri due passeggeri, la moglie del capitano, Sarah E. Briggs, e la sua figlioletta di appena due anni, Sophia Matilda.
Il 4 dicembre 1872 il brigantino fu avvistato da un'altra nave, la Dei Gratia. La Mary Celeste si trovava tra le coste portoghesi e le isole Azzorre, ed era alla deriva a vele spiegate verso lo stretto di Gibilterra. Non vi erano segni della presenza dell'equipaggio a bordo.
Un gruppo di marinai della Dei Gratia fu inviato a bordo. La Mary Celeste era deserta: l'equipaggio era scomparso. La nave era in discrete condizioni, anche se era completamente grondante d'acqua. Solo una delle pompe era in funzione, e nella stiva vi era fino ad un metro d'acqua. Alcune delle sue vele erano strappate.
La bussola era rotta, il sestante ed il cronometro marino mancavano e la sua unica scialuppa era mancante e sembrava essere stata intenzionalmente messa in mare piuttosto che strappata via da una tempesta, il che lasciava pensare che la nave fosse stata deliberatamente abbandonata.
Il carico di 1701 barili di alcol era intatto, anche se, una volta a Genova, si scoprì che nove barili erano vuoti. A bordo vi erano ancora scorte di acqua e di cibo per sei mesi. La maggior parte delle carte di bordo mancavano. Le ultime annotazioni rimaste riferivano che la nave era giunta in vista di Santa Maria delle Azzorre il 25 novembre.
Il brigantino fu condotto in porto a Gibilterra dagli uomini della Dei Gratia e successivamente sequestrato dai funzionari inglesi.
Nessuno degli uomini scomparsi dalla Mary Celeste fu mai ritrovato, né si seppe mai cosa accadde loro. Nel 1873 furono segnalate due scialuppe di salvataggio nell'entroterra spagnolo, una avente una bandiera americana a bordo, l'altra contenente cinque corpi. Tuttavia questi corpi non sono mai stati identificati.
Di seguito, una lista dell'equipaggio e dei passeggeri.
Equipaggio
Nome Status Nazionalità Età
Benjamin S. Briggs Capitano americano 37
Albert C. Richardson Aiutante americano 28
Andrew Gilling Secondo aiutante Danese 25
Edward W Head Amministratore e cuoco americano 23
Volkert Lorenson Marinaio tedesco 29
Arian Martens Marinaio tedesco 35
Boy Lorenson Marinaio tedesco 23
Gottlieb Gondeschall Marinaio tedesco 23
Passeggeri
Nome Status Età
Sarah Elizabeth Briggs Moglie del capitano 30
Sophia Matilda Briggs Figlia del capitano 2
Nella nave era anche presente una gatta, anch'essa sparita.
lunedì 20 settembre 2010
Un libro - Una storia vera
Libro: La storia della baleniera Essex (Nel cuore dell'Oceano)
Herman Melville nel suo Moby Dick esordisce nel capitolo dedicato alla cittadina baleniera per eccellenza del New England. E proprio dal porto di Nantucket salpò la mattina del 12 agosto 1819 la vecchia baleniera Essex al comando del ventottenne capitano George Pollard Jr., al suo primo incarico alla guida della nave, la cui tragica vicenda che la vide protagonista, affondata in pieno Oceano Pacifico al largo delle Isole Galapagos in seguito al sorprendente attacco di un enorme capodoglio, divenne motivo ispiratore dell'opera di Melville. La storia l'aveva ascoltata dal giovane figlio del primo ufficiale dell'Essex Owen Chase, che fece avere a Melville anche una copia del diario del padre, Narrative of the Most Extraordinary and Distressing Shipwreck of the Whaleship Essex, per centocinquant'anni la sola memoria diretta di cui si aveva conoscenza. Tuttavia, nel 1980 un manoscritto rinvenuto vent'anni prima nel solaio della signora newyorkese Ann Finch a cui non si era dato importanza, si rivelò invece essere la testimonianza di Thomas Nickerson, un altro dei superstiti, mozzo quattordicenne di Nantucket alla sua prima esperienza oceanica proprio a bordo dell'Essex.
Inaspettatamente dunque un nuovo documento riportava alle cronache l'infernale esperienza vissuta dagli uomini una volta abbandonata la nave. Vagarono nell'oceano per settimane a bordo di tre lance, tra l'altro sfiorando prima l'arcipelago delle Tuamoto e poi l'isola di Henderson, dove trovarono insperato ma temporaneo rifugio, costretti per sopravvivere a ricorrere al cannibalismo nei confronti dei loro compagni morti e, in un'occasione, all'atroce decisione di tirare a sorte chi tra loro sarebbe stato ucciso per nutrire gli altri e mangiarne il corpo. L'idea era abominevole ma venne attuata pur con grandi rimorsi da parte di tutti, ma finalmente a 650 km dalle coste del Cile una nave salvò i due marinai (il capitano ed un marinaio) sopravvissuti. Il cannibalismo e il tragico sorteggio segneranno il resto della vita degli uomini sopravvissuti, attanagliati dalla follia.
Herman Melville nel suo Moby Dick esordisce nel capitolo dedicato alla cittadina baleniera per eccellenza del New England. E proprio dal porto di Nantucket salpò la mattina del 12 agosto 1819 la vecchia baleniera Essex al comando del ventottenne capitano George Pollard Jr., al suo primo incarico alla guida della nave, la cui tragica vicenda che la vide protagonista, affondata in pieno Oceano Pacifico al largo delle Isole Galapagos in seguito al sorprendente attacco di un enorme capodoglio, divenne motivo ispiratore dell'opera di Melville. La storia l'aveva ascoltata dal giovane figlio del primo ufficiale dell'Essex Owen Chase, che fece avere a Melville anche una copia del diario del padre, Narrative of the Most Extraordinary and Distressing Shipwreck of the Whaleship Essex, per centocinquant'anni la sola memoria diretta di cui si aveva conoscenza. Tuttavia, nel 1980 un manoscritto rinvenuto vent'anni prima nel solaio della signora newyorkese Ann Finch a cui non si era dato importanza, si rivelò invece essere la testimonianza di Thomas Nickerson, un altro dei superstiti, mozzo quattordicenne di Nantucket alla sua prima esperienza oceanica proprio a bordo dell'Essex.
Inaspettatamente dunque un nuovo documento riportava alle cronache l'infernale esperienza vissuta dagli uomini una volta abbandonata la nave. Vagarono nell'oceano per settimane a bordo di tre lance, tra l'altro sfiorando prima l'arcipelago delle Tuamoto e poi l'isola di Henderson, dove trovarono insperato ma temporaneo rifugio, costretti per sopravvivere a ricorrere al cannibalismo nei confronti dei loro compagni morti e, in un'occasione, all'atroce decisione di tirare a sorte chi tra loro sarebbe stato ucciso per nutrire gli altri e mangiarne il corpo. L'idea era abominevole ma venne attuata pur con grandi rimorsi da parte di tutti, ma finalmente a 650 km dalle coste del Cile una nave salvò i due marinai (il capitano ed un marinaio) sopravvissuti. Il cannibalismo e il tragico sorteggio segneranno il resto della vita degli uomini sopravvissuti, attanagliati dalla follia.
sabato 18 settembre 2010
L'orca marina
L'orca (Orcinus orca) è un mammifero marino appartenente alla famiglia dei Delfinidi (Cetacei Odontoceti). . Il nome "Orca" è stato dato a questi animali dagli antichi Romani, che a loro volta l'hanno mutuato dal greco ὄρυξ, che si riferisce genericamente a balene, grandi pesci o mostri marini. L'aggettivo Orcino significa invece demone proveniente dall'inferno: Orco per i Romani era un dio sotterraneo. In inglese l'animale è chiamato killer whale, vale a dire balena assassina (sottinteso di altre balene).
Il peso del maschio di orca può arrivare fino a 10000 Kg, mentre quello della femmina fino a 7500 kg. La lunghezza è di 5-9 metri per il maschio e 4,6-8 metri per la femmina. L'Orca è il mammifero più veloce al mondo (in acqua) e può raggiungere la velocità di 50 Km/h.
L' orca è diffusa in tutti gli oceani e i mari del mondo e vive sia negli abissi sia nei bassifondi vicino alle coste arrivando a volte addirittura fino alle foci di alcuni fiumi.
Normalmente però l'orca preferisce vivere nelle acque fredde del Polo Nord dove, in estate, caccia tra i banchi di ghiaccio. Solo alcune specie migrano di estate verso l'equatore, in maniera molto simile alle balene grigie che migrano vicino alle coste statunitensi.
Eccezionalmente sono stati notati esemplari nel Mediterraneo. È difficile intuire il numero di individui nel mondo: le stime considerate più attendibili parlano di 100.000 esemplari totali, di cui 70-80 mila solo nell'Artide.
L'orca vive normalmente in gruppi composti dalla femmina, i suoi piccoli, femmine più anziane e sterili e un maschio adulto. Questa è una famiglia base matrilineare chiamata anche pod.
Tutti i componenti di questa famiglia "parlano" tra loro attraverso suoni di vario genere e ogni pod ha il proprio linguaggio. L'orca ha un organo specifico posto sulla fronte che può usare come sonar. Tutti gli oggetti colpiti dalle onde sonore rimandano un'eco che le orche percepiscono come un animale o come una roccia da evitare
In genere non è considerata una minaccia per gli esseri umani: gli unici attacchi registrati sono avvenuti in cattività nei Parchi Marini e in condizioni di stress particolari.
Una femmina di orca può riprodursi con maschi anche di diversi pod. Allora i maschi, non potendo riconoscere i figli, si occupano di tutti quelli presenti nel loro gruppo.
Dopo circa 1 anno e mezzo di gestazione la femmina partorisce un solo piccolo, di norma nelle acque basse, e lo porta subito vicino a uno dei suoi parenti.
Per ogni femmina l'intervallo tra un parto e l'altro va dai 3 agli 8 anni, soprattutto a causa delle prolungate cure parentali.
La maturità sessuale avviene nella femmina a 10 anni (quando è lunga dai 4,6 ai 4,8 metri); il maschio invece matura a 16 anni e 5,8 metri di lunghezza.
Dallo scheletro di Old Tom, un'orca che aiutava i balenieri a cacciare le balene (e che veniva ricompensata lasciandole mangiare lingua e labbra delle prede uccise), fu calcolata una età presunta di circa 90, studi successivi sui resti dell'animale riducono questo dato a 35 anni.Old Tom fu trovato morto nella baia di Twofold il 17 settembre 1930.
Le orche sono animali fortemente sociali, e la caccia coinvolge tutto il gruppo. Il tipo di prede dipende dalle abitudini del gruppo: popolazioni dette residenti, sono stanziali e si nutrono essenzialmente di pesci; le transienti invece cacciano soprattutto mammiferi marini come foche, leoni marini e addirittura cuccioli di balene. Durante la caccia le transienti diventano molto silenziose, per cogliere di sorpresa le loro prede, ma l'attacco è ben coordinato e ogni individuo ha un preciso ruolo. Rientrano nella loro dieta anche pinguini e altri uccelli marini.
Nei loro viaggi per mare le orche vengono spesso in contatto con altri grandi predatori del mare, fra cui lo Squalo Bianco. In genere questi due predatori tendono ad evitarsi (c'è anche da tener conto che l'osservazione nei mari non è certo completa, registra solo una minima parte dei casi) ma in un'occasione un'orca di 6 metri uccise un giovane squalo bianco di 3,5 metri per difendere il suo piccolo. (Dal web)
"Impariamo a rispettare questi animali meravigliosi:"
Il peso del maschio di orca può arrivare fino a 10000 Kg, mentre quello della femmina fino a 7500 kg. La lunghezza è di 5-9 metri per il maschio e 4,6-8 metri per la femmina. L'Orca è il mammifero più veloce al mondo (in acqua) e può raggiungere la velocità di 50 Km/h.
L' orca è diffusa in tutti gli oceani e i mari del mondo e vive sia negli abissi sia nei bassifondi vicino alle coste arrivando a volte addirittura fino alle foci di alcuni fiumi.
Normalmente però l'orca preferisce vivere nelle acque fredde del Polo Nord dove, in estate, caccia tra i banchi di ghiaccio. Solo alcune specie migrano di estate verso l'equatore, in maniera molto simile alle balene grigie che migrano vicino alle coste statunitensi.
Eccezionalmente sono stati notati esemplari nel Mediterraneo. È difficile intuire il numero di individui nel mondo: le stime considerate più attendibili parlano di 100.000 esemplari totali, di cui 70-80 mila solo nell'Artide.
L'orca vive normalmente in gruppi composti dalla femmina, i suoi piccoli, femmine più anziane e sterili e un maschio adulto. Questa è una famiglia base matrilineare chiamata anche pod.
Tutti i componenti di questa famiglia "parlano" tra loro attraverso suoni di vario genere e ogni pod ha il proprio linguaggio. L'orca ha un organo specifico posto sulla fronte che può usare come sonar. Tutti gli oggetti colpiti dalle onde sonore rimandano un'eco che le orche percepiscono come un animale o come una roccia da evitare
In genere non è considerata una minaccia per gli esseri umani: gli unici attacchi registrati sono avvenuti in cattività nei Parchi Marini e in condizioni di stress particolari.
Una femmina di orca può riprodursi con maschi anche di diversi pod. Allora i maschi, non potendo riconoscere i figli, si occupano di tutti quelli presenti nel loro gruppo.
Dopo circa 1 anno e mezzo di gestazione la femmina partorisce un solo piccolo, di norma nelle acque basse, e lo porta subito vicino a uno dei suoi parenti.
Per ogni femmina l'intervallo tra un parto e l'altro va dai 3 agli 8 anni, soprattutto a causa delle prolungate cure parentali.
La maturità sessuale avviene nella femmina a 10 anni (quando è lunga dai 4,6 ai 4,8 metri); il maschio invece matura a 16 anni e 5,8 metri di lunghezza.
Dallo scheletro di Old Tom, un'orca che aiutava i balenieri a cacciare le balene (e che veniva ricompensata lasciandole mangiare lingua e labbra delle prede uccise), fu calcolata una età presunta di circa 90, studi successivi sui resti dell'animale riducono questo dato a 35 anni.Old Tom fu trovato morto nella baia di Twofold il 17 settembre 1930.
Le orche sono animali fortemente sociali, e la caccia coinvolge tutto il gruppo. Il tipo di prede dipende dalle abitudini del gruppo: popolazioni dette residenti, sono stanziali e si nutrono essenzialmente di pesci; le transienti invece cacciano soprattutto mammiferi marini come foche, leoni marini e addirittura cuccioli di balene. Durante la caccia le transienti diventano molto silenziose, per cogliere di sorpresa le loro prede, ma l'attacco è ben coordinato e ogni individuo ha un preciso ruolo. Rientrano nella loro dieta anche pinguini e altri uccelli marini.
Nei loro viaggi per mare le orche vengono spesso in contatto con altri grandi predatori del mare, fra cui lo Squalo Bianco. In genere questi due predatori tendono ad evitarsi (c'è anche da tener conto che l'osservazione nei mari non è certo completa, registra solo una minima parte dei casi) ma in un'occasione un'orca di 6 metri uccise un giovane squalo bianco di 3,5 metri per difendere il suo piccolo. (Dal web)
"Impariamo a rispettare questi animali meravigliosi:"
venerdì 17 settembre 2010
Settembre
La luce si fa tenue
e la brezza frizzante.
E' settembre,
dolce e mite
su un mare
di cristallo e diamante.
Vola un gabbiano
verso altri lidi
per tornare
al prossimo sole.
E' settembre,
la marea sale
e il cielo
si tinge di bianchi sbuffi.
Una vela va
spinta dal vento,
oltre l'orizzonte
dipinto di rosa.
La notte scende sensuale,
nel mare di settembre.
e la brezza frizzante.
E' settembre,
dolce e mite
su un mare
di cristallo e diamante.
Vola un gabbiano
verso altri lidi
per tornare
al prossimo sole.
E' settembre,
la marea sale
e il cielo
si tinge di bianchi sbuffi.
Una vela va
spinta dal vento,
oltre l'orizzonte
dipinto di rosa.
La notte scende sensuale,
nel mare di settembre.
giovedì 16 settembre 2010
Il Capodoglio
Il capodoglio (Physeter catodon), protagonista di "Moby Dick", il celebre romanzo di Herman Melville, dove appare e si eclissa come in un sogno, tangibile e impalpabile, allucinatorio e reale, labile e gigantesco al tempo stesso, è il più grosso di tutte le balene con i denti (un maschio di capodoglio può misurare fino a 18 metri di lunghezza e arrivare a pesare fino a 60 tonnellate mentre le femmine arrivano fino a 12 metri e pesano 20 tonnellate).
Nonostante sia difficile da avvistare, le caratteristiche fisiche del capodoglio sono note a tutti: il capo enorme di forma squadrata, la colorazione grigio uniforme che diventa più chiara, quasi bianca, intorno alla regione mandibolare, la pinna dorsale, non particolarmente evidente e le pinne pettorali piuttosto piccole. Il capodoglio si muove in zone di acque profonde e preferisce le acque soprastanti le scarpate continentali, anche se può avvicinarsi alla costa dove la piattaforma continentale è assai ridotta o addirittura assente, come nello Stretto di Messina o nei dintorni delle isole vulcaniche. La sua alimentazione è costituita prevalentemente di cefalopodi mesopelagici (calamari) che cattura nel corso di lunghe immersioni.
Le principali minacce per il capodoglio sono rappresentate dalle catture accidentali con reti pelagiche derivanti e dall'intenso traffico marittimo che interferisce con i ritmi biologici degli abitanti del mare, cui si aggiungono l'inquinamento delle acque e l'inquinamento acustico subacqueo.Per questi motivi è necessario istituire aree protette e sviluppare programmi di monitoraggio e di ricerca per acquisire conoscenze scientifiche più precise - come la consistenza numerica delle popolazioni, la loro tendenza ad aumentare o diminuire e la contiguità genetica con le popolazioni atlantiche. (Dal web)
Nonostante sia difficile da avvistare, le caratteristiche fisiche del capodoglio sono note a tutti: il capo enorme di forma squadrata, la colorazione grigio uniforme che diventa più chiara, quasi bianca, intorno alla regione mandibolare, la pinna dorsale, non particolarmente evidente e le pinne pettorali piuttosto piccole. Il capodoglio si muove in zone di acque profonde e preferisce le acque soprastanti le scarpate continentali, anche se può avvicinarsi alla costa dove la piattaforma continentale è assai ridotta o addirittura assente, come nello Stretto di Messina o nei dintorni delle isole vulcaniche. La sua alimentazione è costituita prevalentemente di cefalopodi mesopelagici (calamari) che cattura nel corso di lunghe immersioni.
Le principali minacce per il capodoglio sono rappresentate dalle catture accidentali con reti pelagiche derivanti e dall'intenso traffico marittimo che interferisce con i ritmi biologici degli abitanti del mare, cui si aggiungono l'inquinamento delle acque e l'inquinamento acustico subacqueo.Per questi motivi è necessario istituire aree protette e sviluppare programmi di monitoraggio e di ricerca per acquisire conoscenze scientifiche più precise - come la consistenza numerica delle popolazioni, la loro tendenza ad aumentare o diminuire e la contiguità genetica con le popolazioni atlantiche. (Dal web)
mercoledì 15 settembre 2010
lunedì 13 settembre 2010
Sole
Caldi raggi
illuminano l'azzurro
addolcendo l'immenso.
Oro e argento
si confondono
in quel blu,
diventando prezioso.
Un ricciolo d'onda
gioca sinuoso
annegando in quei colori,
perdondosi
nell'infinito.
nereidebruna
venerdì 10 settembre 2010
Faro
Alto e solenne
accarezzi il cielo
tu indominito e fiero
di luce,
illumini la notte.
Benefico
per i naviganti
che non perdono la via
certi nel ritorno
al porto di casa.
Schiaffeggiato
da onde impetuose
sfidi il mare,
elegante e silente
e vinci la sua ira.
Furiose spume
ti avvolgono
in stretti abbracci
ma la tua luce
pulsa perpetua,
diventando
brillante luna,
fra le stelle.
nereidebruna
accarezzi il cielo
tu indominito e fiero
di luce,
illumini la notte.
Benefico
per i naviganti
che non perdono la via
certi nel ritorno
al porto di casa.
Schiaffeggiato
da onde impetuose
sfidi il mare,
elegante e silente
e vinci la sua ira.
Furiose spume
ti avvolgono
in stretti abbracci
ma la tua luce
pulsa perpetua,
diventando
brillante luna,
fra le stelle.
nereidebruna
giovedì 9 settembre 2010
La nave petroliera più grande del mondo - Curiosità
La Knock Nevis è una nave petroliera norvegese, usualmente conosciuta con i nomi Seawise Giant, Happy Giant, e Jahre Viking. La nave misura 458 metri (1504 piedi) di lunghezza e 69 m (226 piedi) di larghezza, rendendola così la più grande nave mai realizzata al mondo. Essa fu costruita tra il 1979 e il 1981, danneggiata nel 1986 da un attacco aereo Iracheno mentre era in corso la guerra tra Iran ed Iraq, venne in seguito riparata e riprese in fine servizio nel 1991.
Ha una portata lorda di 564.763 tonnellate, dislocamento a pieno carico di 647.955 t con un carico di circa 650.000 m³ (4,1 milioni di barili) di petrolio greggio. La nave pesca circa 24,6 metri nell'acqua quando è a pieno carico, rendendo così impossibile la sua navigazione addirittura attraverso il canale della Manica e i canali artificiali di Panama e Suez. La nave naviga sotto la bandiera di Singapore ed ha un equipaggio di circa 40 uomini.
La Knock Nevis fu costruita nel cantiere navale della Sumitomo Corporation ad Oppama, Giappone, per conto di una società greca che andò in bancarotta prima che la costruzione della nave fosse completata. La nave fu così acquistata da Tung Chao Yung, un magnate cinese di Hong Kong che aumentò la sua lunghezza di molti metri incrementando così la sua capacità di carico e rendendola la più grande nave mai costruita al mondo. La petroliera fu finalmente messa a mare 2 anni dopo e fu chiamata Seawise Giant.
All'inizio operò fra Medio Oriente e Stati Uniti d'America, ma a partire dal 1986 fu usata come nave magazzino e come transhipment terminal in Iran durante la guerra Iran-Iraq. Nel maggio del 1988 la nave fu attaccata e pesantemente danneggiata dalle bombe sganciate dagli aviogetti iracheni mentre sostava nel terminale iraniano di Hormuz nello Stretto di Hormuz. Al termine della guerra, alla fine del 1989, lo scafo (dopo essere stato rimorchiato nel Brunei) fu acquistato da una società a responsabilità limitata norvegese ("KS-company") gestita dalla Norman International. L'imbarcazione scafo fu riparata dalla Keppel Shipyard a Singapore e fu rinominata Happy Giant. Tuttavia nel 1991, prima che le riparazioni fossero completate, la KS-company passò alla gestione della compagnia di navigazione norvegese Jørgen Jahre e la nave fu ribattezzata dalla Keppel Shipyard Jahre Viking. Verso la fine degli anni 90, la maggioranza della KS-company fu acquisita dall'armatore norvegese Fred Olsen mediante la sua compagnia First Olsen Tankers.
Nel marzo del 2004 la nave fu inviata dalla società armatoriale First Olsen Tankers, al porto Dubai Drydocks per riparazioni dove venne classificata come FSO (floating storage and offloading unit). Le fu anche dato il suo attuale nome di Knock Nevis. Al giorno d'oggi la nave è in servizio presso il giacimento petrolifero di Al Shaheen nelle acque del Qatar. (Dal web)
Alcuni dati tecnici:
Classe: ULCC (Ultra Large Crude Oil Carrier)
Costruttore: Sumitomo Heavy Industries, Ltd., Oppama Shipyard (Giappone)
Motore: 2 Sumito Stal-Laval AP steam 2 Turbine 2 stage reduction gear, 50.000 PS by 85 RPM
Lunghezza: 458.45 metri
Larghezza: 68.86 metri
Pescaggio: 24.61 metri
Dislocamento: DWT: 564,763 t
Velocità: 13-15 nodi
Eliche: 1 elica pentapala da 9 metri di diametro
Equipaggio: 40 persone
Nomi della nave: Seawise Giant, Happy Giant, Jahre Viking, Knock Nevis
Cisterne: 12 centrali, 30 laterali
Nazionalità: norvegese
Anno di costruzione: 1975
Entrata in servizio: 1979
Note: non può attraversare il Canale di Suez, il Canale di Panama e la Manica
mercoledì 8 settembre 2010
Piccolo pesce
Piccolo pesce
guizzante
dai colori sfavillanti
che vai per mare,
fra le gorgonie e
le stelle marine
rincorri la libertà
che solo il tuo mondo
ti dà.
L'onda ti culla,
la spuma ti sfiora
e mentre vai
nel profondo blu
scende dolcemente la sera
e la luna si specchia,
vanitosa
nel tuo immenso cielo.
nereidebruna
guizzante
dai colori sfavillanti
che vai per mare,
fra le gorgonie e
le stelle marine
rincorri la libertà
che solo il tuo mondo
ti dà.
L'onda ti culla,
la spuma ti sfiora
e mentre vai
nel profondo blu
scende dolcemente la sera
e la luna si specchia,
vanitosa
nel tuo immenso cielo.
nereidebruna
martedì 7 settembre 2010
Il canto delle sirene...e un po' di storia.
Si racconta, fin da tempi remoti, che il canto delle Sirene sia udible sino a 200 metri; tutti gli uomini entro questo raggio ne restano incantati... abbandonano qualunque azione e si gettano a nuoto per raggiungerle.
Le Sirene continuano a cantare finché la nave si trova a portata d'orecchie ma, appena smettono di cantare, tutti coloro che ne erano stati stregati tornano normali.
Coloro che si tappano in tempo le orecchie con della cera, o che vengono protetti con qualche incantesimo, restano totalmente insensibili alla magia del canto. Le donne, naturalmente, sono immuni dall'incantamento delle sirene.
Tutti i popoli costieri conoscono almeno una sirena, una creatura che li assiste lungo i viaggi per mare e nei momenti più brutti del lavoro di pescatori. Secondo alcune leggende nordiche le sirene possono cambiare sembianze a contatto con la terra ferma, trasformando le pinne della coda in gambe e assumendo di nuovo fattezze ittiche al contatto con l'acqua.
Il più noto riferimento alle sirene è forse quello tratto dall'Odissea, quando la maga Circe avverte Ulisse del pericolo che le sirene rappresentano con il loro canto ammaliatore e gli suggerisce di tappare le orecchie dei marinai con della cera. Ulisse, se vuole ascoltare questo canto, deve farsi legare saldamente all'albero della nave, ordinando ai marinai di non slegarlo, qualsiasi cosa egli dica od ordini loro. Con questo trucco, Ulisse può sentire il canto, pur scampando il pericolo. (dal web)
Le Sirene continuano a cantare finché la nave si trova a portata d'orecchie ma, appena smettono di cantare, tutti coloro che ne erano stati stregati tornano normali.
Coloro che si tappano in tempo le orecchie con della cera, o che vengono protetti con qualche incantesimo, restano totalmente insensibili alla magia del canto. Le donne, naturalmente, sono immuni dall'incantamento delle sirene.
Tutti i popoli costieri conoscono almeno una sirena, una creatura che li assiste lungo i viaggi per mare e nei momenti più brutti del lavoro di pescatori. Secondo alcune leggende nordiche le sirene possono cambiare sembianze a contatto con la terra ferma, trasformando le pinne della coda in gambe e assumendo di nuovo fattezze ittiche al contatto con l'acqua.
Il più noto riferimento alle sirene è forse quello tratto dall'Odissea, quando la maga Circe avverte Ulisse del pericolo che le sirene rappresentano con il loro canto ammaliatore e gli suggerisce di tappare le orecchie dei marinai con della cera. Ulisse, se vuole ascoltare questo canto, deve farsi legare saldamente all'albero della nave, ordinando ai marinai di non slegarlo, qualsiasi cosa egli dica od ordini loro. Con questo trucco, Ulisse può sentire il canto, pur scampando il pericolo. (dal web)
lunedì 6 settembre 2010
Settembre
L'estate lentamente va,
l'azzurro del cielo e
il blu del mare,
accompagnano
il suo lento declino.
Settembre
luci e colori
intrisi di dolci sfumature,
pennellate di pittore.
L'onda s'infrange
più armoniosa,
sullo scoglio del tempo
e il suo canto
pare una nenia
intrisa di poesia
aspettando
il lungo sonno,
che verrà.
Settembre
nelle tenui
sfumature
lascio gli occhi
chiudersi
e riprendo a sognare
aspettando domani.
nereidebruna
l'azzurro del cielo e
il blu del mare,
accompagnano
il suo lento declino.
Settembre
luci e colori
intrisi di dolci sfumature,
pennellate di pittore.
L'onda s'infrange
più armoniosa,
sullo scoglio del tempo
e il suo canto
pare una nenia
intrisa di poesia
aspettando
il lungo sonno,
che verrà.
Settembre
nelle tenui
sfumature
lascio gli occhi
chiudersi
e riprendo a sognare
aspettando domani.
nereidebruna
sabato 4 settembre 2010
Il mio paradiso
Nella riviera di Ulisse, oggi, è una splendida giornata.
Il mare calmo, trasparente e dolce, diffonde pace.
Un peschereccio, scivola leggero trascinando le reti.
Un mercantile, più in là, prosegue verso l'orizzonte.
Il mio amato mare... che meraviglia!
Il sole, scintilla, facendolo brillare d'argento.
Respiro l'aria profumata di sale.
Raccolgo una piccola conchiglia,
un grazioso mollusco sbuca, curioso, con le sue antenne,
per poi ritornarvi dentro veloce e spaventato.
L'ho rigettato in mare... forse, si salverà!
Un gabbiano, con un volo radente, cattura un pesce.
Questo è il mio paradiso!!!
Torno a casa serena, con il cuore leggero.
Di nuovo, il mare... ha fatto un miracolo!!!
nereidebruna
venerdì 3 settembre 2010
Il mare di sera
Odo l'onda sciogliersi
al toccar della riva.
Spruzzi di sabbia leggera
volano sbuffando in aria.
Scende la sera
lentamente
e come un soffio,
si posa sul mare.
Scivola una bianca barca a vela
verso il piccolo porto.
In cielo
brilla la luna luminosa
di un candido ghiaccio.
Riflette orgogliosa
il suo volto
nel blu cobalto del mare.
La luce lontana
di un faro,
regala un approdo sicuro
ai pescatori.
Puntini di stelle
trapuntano come spilli, il cielo.
E' sera nel mare.
Silenzio!
Il suono lontano
di un fischio di una nave
infrange per un attimo,
la pace, ma poi...
di nuovo silenzio.
Sussurri sospinti dal vento.
L’onda si scioglie ancora
e l'ombra oscura della sera,
pare addormenti
in un dolce sonno,
il mare.
nereidebruna
al toccar della riva.
Spruzzi di sabbia leggera
volano sbuffando in aria.
Scende la sera
lentamente
e come un soffio,
si posa sul mare.
Scivola una bianca barca a vela
verso il piccolo porto.
In cielo
brilla la luna luminosa
di un candido ghiaccio.
Riflette orgogliosa
il suo volto
nel blu cobalto del mare.
La luce lontana
di un faro,
regala un approdo sicuro
ai pescatori.
Puntini di stelle
trapuntano come spilli, il cielo.
E' sera nel mare.
Silenzio!
Il suono lontano
di un fischio di una nave
infrange per un attimo,
la pace, ma poi...
di nuovo silenzio.
Sussurri sospinti dal vento.
L’onda si scioglie ancora
e l'ombra oscura della sera,
pare addormenti
in un dolce sonno,
il mare.
nereidebruna
mercoledì 1 settembre 2010
Voglia di mare - Pensiero
E la voglia di mare non passa. Per me che di mare vivo e senza il mare non vivrei.
Mai, mi stanco del suo blu e ascoltando il suo respiro e i tanti sospiri lascio il mio cuore annegare in esso per poi ritrovarmi negli abissi sconfinati dove il cielo ha i colori dell'immenso mare.
nereidebruna
Sculture marine
Una conchiglia vuota, giace assieme a migliaia d'altre sulla battigia,depositata dalla risacca durante l'alta marea. Mi fermo e la raccolgo,attratta dall'armonia della struttura,dalla brillantezza dei colori e dalla geometria.La lucentezza della superficie e la forma,la rende piacevole al tatto.Si dice che sia figlia della pietra e del biancheggiante mare e ivi dentro racchiusa,la sua voce.Rimirarla diventa spontaneo.
Passeggiando di primo mattino sulla riva,quando ancora il sole inizia lentamente a nascere all’orizzonte e la spiaggia è vuota e silenziosa,ne ho trovate di bellissime.E,per un attimo,torno bambina…
Ricordo le vacanze al mare… La ricerca continua delle conchiglie più belle,come fosse una gara,i cestini traboccanti,le risa spensierate e la gioia immensa di raccogliere i tesori,che l’onda lasciava sulla riva.
Chi da bambino,non ha mai provato a sentire il rumore del mare, da una conchiglia?
Proseguo con passo lento,gli occhi fissi sulla sabbia che luccica come pagliuzze dorate sotto i raggi del sole,ora alto in un cielo limpido. Uno sbuffo di nube,più in là,pennella di bianco, l’azzurro.
Ecco… un’altra bellissima conchiglia!Sembra un gioiello finemente lavorato,con perfezione e stile da un grande scultore d’opere. Profuma di sole e di mare.La sfioro e,chiudendo un attimo gli occhi,immagino il suo mondo sommerso,le sue profondità inviolate,la sua storia.
Alzo lo sguardo e mi perdo nel suo infinito blu mentre un’onda lambisce e accarezza i miei piedi nudi.
Un peschereccio scivola borbottando verso il porto.Un gabbiano libra e stride giocando con una piccola nube bianca;in picchiata sfiora il mare e cattura un pesce.
Una piacevole brezza si prende beffa dei miei lunghi capelli e, scherzando,li arriccia.
Qualche passo ancora e poi… torno a casa.
Ecco,bagnata dall’onda un’altra conchiglia. Splendida! Lucida! Perfetta!
La raccolgo ma ahimè,dal suo interno,sbuca un curioso mollusco dalle lunghe antenne grigie e dagli enormi occhi sporgenti,che spaventato,rientra veloce. Senza esitare accarezzo la rosea e sinuosa conchiglia e con un lieve sussurro,saluto cordialmente il padrone di casa e,la rigetto in mare.
nereidebruna
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La vita
“Possa io fare della mia vita qualcosa di semplice e diritto,
come un flauto di canna che il Signore riempie di musica.”
San Agostino
E gli uomini se ne vanno a contemplare le vette delle montagne, i flutti vasti del mare, le ampie correnti dei fiumi, l'immensità dell'oceano, il corso degli astri, e non pensano a sé stessi.
Sal.26
Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita:
di chi avrò paura?
Sal.138
Guidami, Signore, per una via di eternità.
Signore, tu mi scruti e mi conosci,
tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo,
intendi da lontano i miei pensieri,
osservi il mio cammino e il mio riposo,
ti sono note tutte le mie vie.