L’arrivo della bella stagione lo sento palpabile nell’aria che profuma delicatamente di fiori e osservando il mare che diventa di un azzurro più intenso.
Percepisco il suo lento risveglio dalle lievi increspature delle onde che, riverse sulla battigia, lasciano qualche conchiglia vuota e qualche mollusco.
Sono questi i momenti in cui il mare mi dà emozioni meravigliose e indimenticabili nella sua totale bellezza e unicità.
Persa nel suo sconfinato blu mi chiedo chi sarei veramente se il mare non esistesse. Sento una simbiosi e un’alchimia che solo “lui”, nella sua vastità senza limiti, sa trasmettermi.
Quando nelle tiepide giornate primaverili spingo dalla riva la mia barca a vela e mi lascio portare dal vento di maestrale oltre l’insenatura, avanzando verso l’infinito, è lì che sento la vita fluire e il cuore pulsare.
La bianca vela, simile ad un’ala d’angelo, si gonfia ben tesa alla boma, la prua fende l’acqua e la mia imbarcazione acquista la giusta andatura.
Navigando lungo la costa il mio sguardo si perde affascinato dalle mutevoli scenografie. Insenature rocciose, splendidi anfratti e grotte marine paiono integri e intatti. Forse Ulisse quando qui passò migliaia di anni fa e combattè contro i feroci Lestrigoni e più il là visse un grande amore con la maga Circe, vide lo stesso paesaggio.
L’acqua limpida e trasparente mi regala fondali indescrivibili.
Il golfo di questa riviera è un piccolo paradiso ricco di deliziosi promontori che scendono fino al mare.
Ed ecco mi perdo nell’ammirare il vecchio Castello Angioino-Aragonese avvinghiato sulla roccia e padrone assoluto di questo luogo.
Il vento mi spinge oltre soffiando fra i miei capelli un profumo salmastro di alghe e sale.
Impugno la barra che governa il timone e sposto la vela verso destra. Voglio vedere più da vicino l’enorme fenditura della Montagna Spaccata. Si racconta che alla morte di Cristo un forte terremoto divise la montagna in due. Forse è solo una leggenda, ma mi piace crederci.
In alto, il santuario della SS. Trinità si avvicina solenne al cielo e a Dio.
Il sole lo illumina dolcemente di bianca aura creando un tenue alone di spiritualità e mistero.
Alcuni gabbiani reali dalla livrea grigio chiaro e dal becco giallo volteggiano a cerchio intorno al mio albero emettendo stridii acuti. E’ il loro saluto.
Amo questa pace… Qui siamo io e il mare in un tutt’uno.
Il rumore delle onde che schiaffeggiano lo scafo mi accompagna.
Spruzzi d’acqua dispettosi bagnano leggermente ovunque.
Approfittando del vento decido di accostare la mia imbarcazione e, con una manovra, modifico la rotta. La velocità è di poche miglia, ma solo così posso gustarmi tranquillamente il paesaggio.
Un grosso mercantile è ancorato al largo, immobile.
Poco più in là due barche a vela si spingono silenziose verso l’orizzonte.
Non mi allontano mai dalla costa. Amo soffermarmi a osservare con curioso interesse ogni insenatura o anfratto che la volta prima, forse, non avevo notato.
Vicino al grazioso molo gremito di tanti gozzi colorati che ondeggiano un po’ a destra un po’ a sinistra, l’imponente cilindrica Torre di Mola, a protezione del vecchio borgo marinaro, sfiora la volta celeste. Sotto, si dice, ci siamo sepolti i resti di un tempio del dio Nettuno con adiacenti terme.
La limpidezza del cielo mi consente di scorgere la forma sinuosa e morbida dell’isola di Ventotene.
Che meraviglia!
Potrei mai esistere senza il mare e tutto questo?
Un gruppo numeroso di pesciolini scuri simili ad aghi seguono indisturbati la mia vela.
Alle spalle si erge il Monte Redentore che, maestoso, domina il golfo.
Poche miglia ancora e l’antico Porticciolo Romano, nel parco naturale della riviera, in tempi lontani un punto d’attracco per le navi romane, mi riporta nel passato.
Il sole sta lentamente sciogliendosi nel mare colorandolo di giallo, rosa e arancio.
Per alcuni minuti disarmo la mia vela lasciandola quindi in assetto da riposo e mi godo il bellissimo tramonto.
Si sta facendo tardi. A malincuore inverto la rotta e ritorno verso casa.
Le luci della costa sembrano tanti minuscoli diamanti sparsi.
Il vento bizzarro gonfia la vela che fileggia spingendomi con vigore.
In riva rassetto e riordino le attrezzature con cura.
Un ultimo sguardo di commiato al mare, ora nero come l’inchiostro e un benvenuto alla bianca luna che si affaccia maliziosa illuminando d’argento l’oscurità.
nereidebruna
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