La luce mattutina, quel giorno, entrò con prepotenza attraverso le tende semichiuse della camera.
Aperta la finestra, una fresca brezza odorosa di salmastro accarezzò i miei capelli e mosse dolcemente la camicia da notte di flanella.
Rimasi qualche minuto a contemplare il paesaggio che da alcuni anni avevo la fortuna di ammirare.
Uno splendido e sinuoso spicchio di costa s’impossessava del mare diventandone, in parte, padrone.
Sul promontorio ancora selvaggio e primitivo svettava maestoso e indomito un elegante faro.
Alcune palme d’alto fusto nel giardino a fianco formavano una graziosa oasi esotica mentre alberi carichi di arance e limoni coloravano l’ambiente con una nota di allegria e impreziosendo l’aria di deliziosi profumi agrumati.
Riuscivo con difficoltà a distogliermi da questo spettacolo dove la natura e il divino, in un connubio perfetto, avevano creato un piccolo angolo di paradiso.
In cucina preparai il caffè e lo sorseggiai davanti alla vetrata. Un pettirosso cercava qualche briciola saltellando qua e là.
Uscii.
Lungo il viale salutai un’anziana signora che spesso incontravo nelle mie passeggiate mattutine. Ogni volta mi sorprendevo del suo passo spedito vista l’avanzata età.
Pizzicava il freddo in questa giornata invernale. Il cielo limpido era pennellato, a sprazzi, da sbuffi di bianche nuvole.
Avevo un appuntamento.
Una dolce curva… ed ecco il mare. Placido e mite color argento.
Oltrepassai la staccionata di legno e i miei passi cadenzati iniziarono a lasciare orme definite sulla sabbia.
Il mormorio continuo della risacca che si scioglieva in schiuma spumosa sulla riva accompagnava le mie riflessioni trasformandole in leggeri pensieri.
Oltre l’insenatura, lo vidi.
Intento a rammendare con un grosso ago una rete a larghe trame. Alzò il capo come se avesse percepito la mia presenza e mi salutò con un lieve cenno.
Aveva poco più di ottant’anni e il suo viso segnato da profonde rughe e scottato dal sole e dal sale rivelava una dura vita trascorsa nel mare.
Lo conoscevo da qualche mese e i suoi racconti carichi di fascino erano per me fonte di grande curiosità e intense emozioni, dove la realtà superava di gran lunga l’immaginazione. E i suoi occhi di un azzurro trasparente esprimevano luce e passione. In essi si potevano quasi scorgere i colori del mare nelle sue infinite sfumature.
Le mani nodose e scure si muovevano sapientemente intessendo la trama con destrezza e maestria.
Seduta al suo fianco mi lasciavo trasportare sulle ali della fantasia ascoltando le sue storie di lupo di mare intrise di avventura e di leggenda.
Marinaio imbarcato su un mercantile aveva navigato nel Mediterraneo, poi più avanti negli anni era diventato un esperto pescatore, capitano esclusivo del suo gozzo blu, chiamato “Nausica”.
Le sue parole ricche di colore e poesia riempivano il mio cuore di nuovi orizzonti e infinite speranze. E pensavo al mio grande amore per il mare e al desiderio di scoprirlo viaggiando per carpirne l’anima in profondità.
Questo semplice uomo c’era riuscito.
Le ore trascorse in sua compagnia erano come raggi di sole che colpiscono di luce ogni singola particella d’aria trasformandola in minuscoli diamanti.
Mi raccontò di tempeste furiose, di meravigliosi tramonti, di strani incontri marini, di enormi pesci, di grandi navi, di gesta eroiche.
Lo salutai con una stretta di mano e un sorriso sapendo che il giorno dopo l’avrei ritrovato lì ad aspettarmi, come fosse un impegno.
Mi avviai a passo lento separandomi da lui con dispiacere, come se avessi una sottile paura di spezzare il legame che ci univa.
A casa ripensavo a quella figura forte e imponente intenta a riordinare la propria imbarcazione o china sugli attrezzi da pesca.
A volte si accendeva la pipa e come un vecchio nostromo gustava con voluttà l’aroma acre di tabacco in perfetto silenzio. Solo il mare, schiaffeggiando gli scogli più in là, rumoreggiava dispettoso.
Assorto, pareva lontano. Forse ricordava con nostalgia i tempi andati o qualche amore perduto.
Rispettavo questo suo tacere. Era in quei momenti che i nostri occhi e la nostra essenza spirituale incontravano l’immenso mare ascoltandone il respiro e scoprendone i misteri.
Il giorno dopo il vecchio pescatore non c’era. La tristezza accompagnò tutta la mia giornata fino al calar del sole dietro al promontorio e una strana sensazione d’inquietudine non mi diede pace.
Lo stesso fatto accadde il giorno a seguire e il giorno dopo… ancora e ancora.
Chiesi informazione ad alcuni pescatori del posto che spesso avevo incontrato durante le mie passeggiate mattutine. Qualcuno scuoteva la testa non sapendo rispondere ma uno di loro mi raccontò di averlo visto spingere dalla riva l’imbarcazione in mare e inoltrarsi più al largo del solito. Un brivido mi percorse il corpo.
Non seppi più nulla di lui e spesso mi ritrovo a cercarlo oltre l’insenatura convinta di vederlo intento e indaffarato a sistemare le reti.
Allora guardo il mare e so che è là, con il suo gozzo cullato dalle onde e accarezzato dal maestrale, a lanciare le reti fumando la pipa, ricordando terre lontane e meravigliosi tramonti.
nereidebruna
Bello...complimenti...!!!
RispondiEliminaAntonio